Nel novembre 2018, l’Unesco ha iscritto nella Lista del Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità, “L’Arte tradizionale dei muretti a secco”, la cui candidatura è stata presentata congiuntamente da otto Paesi: l’Italia con Croazia, Cipro, Francia, Grecia, Slovenia, Spagna e Svizzera.
“L’arte del ‘Dry stone walling’ riguarda tutte le conoscenze collegate alla costruzione di strutture di pietra ammassando le pietre una sull’altra, non usando alcun altro elemento tranne, a volte, terra secco”, spiega l’Unesco nella motivazione del provvedimento. La stabilità delle strutture è assicurata dall’attenta selezione e posizionamento dei sassi».
«Questi manufatti, – prosegue l’organizzazione – diffusi per la maggior parte delle aree rurali e su terreni scoscesi, hanno modellato numerosi paesaggi, influenzando modalità di agricoltura e allevamento, con radici che affondano nelle prime comunità umane della preistoria.
Si tratta di uno dei primi esempi di manifattura umana ed è presente a vario titolo in quasi tutte le regioni italiane, sia per fini abitativi che per scopi collegati all’agricoltura, in particolare per i terrazzamenti necessari alle coltivazioni in zone particolarmente scoscese. “Le strutture a secco sono sempre fatte in perfetta armonia con l’ambiente e la tecnica esemplifica una relazione armoniosa fra l’uomo e la natura. La pratica viene trasmessa principalmente attraverso l’applicazione pratica adattata alle particolari condizioni di ogni luogo” in cui viene utilizzata, spiega ancora l’Unesco. I muri a secco, sottolinea l’organizzazione, “svolgono un ruolo vitale nella prevenzione delle slavine, delle alluvioni, delle valanghe, nel combattere l’erosione e la desertificazione delle terre, migliorando la biodiversità e creando le migliori condizioni microclimatiche per l’agricoltura”.
Tra le regioni italiane promotrici della candidatura c’erano la Puglia e la Sicilia, per tutelare una tradizione che unisce in pratica tutta la Penisola e ha i suoi punti forti nella Costiera amalfitana, a Pantelleria, alle Cinque Terre e in Puglia nel Salento e nella Valle d’Itria. Si tratta di una tecnica millenaria che ha avuto nel corso della storia e a seconda delle regioni utilizzi diversi.
Per maggiori informazioni consultare la pagina Unesco ufficiale:
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